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La sostenibilità 2.0 in Snam

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Nuova identità e visibilità: la sostenibilità come opportunità

Snam ha avviato una riflessione volta a coniugare il consolidamento del percorso intrapreso (presidio dei fattori di rischio) con un nuovo slancio strategico che le permetta di posizionarsi tra i player chiave per lo sviluppo del Paese. Ancora prima che rivestire una dimensione operativa, la sostenibilità d’impresa può rappresentare una cornice identitaria, logica e concettuale nella quale è possibile valorizzare il cambiamento in atto. Da qui Snam vuole partire nell’ulteriore rafforzamento del proprio posizionamento sul mercato. Da qui prende avvio, nell’ottica del miglioramento continuo che caratterizza il DNA dell’azienda, la riflessione sul nuovo approccio alla sostenibilità di Snam: la creazione di Valore Condiviso.

L’approccio secondo il Valore Condiviso esplora il legame tra sistema economico e impresa. Lo sviluppo di un’impresa dipende anche dalla qualità del territorio in cui opera (disponibilità di materia prima e capitale umano, condizioni di mercato, domanda interna, etc.).

Gli attori che operano sul territorio, a loro volta, possono creare condizioni di contesto favorevoli allo sviluppo del business. Un contesto sociale e territoriale in salute dipende anche dalla presenza di imprese che sono in grado di dare lavoro, pagare salari e stipendi adeguati, acquistare beni e servizi di qualità, pagare le tasse, proteggere l’ambiente, utilizzare le risorse in modo efficiente, etc.

Snam e la Sostenibilità 2.0: dalla relazione con gli stakeholder alla creazione di valore

Perché Snam, tra le prime aziende in Italia, intende avviare un percorso verso la creazione di Valore Condiviso? L’azienda considera da sempre la sostenibilità nei confronti di tutti gli stakeholder come parte integrante del suo modello di business. Essa rappresenta un elemento guida nella definizione delle scelte strategiche ed operative e una leva per assicurare una crescita sostenibile nel lungo periodo, assicurando nel contempo che il valore generato sia condiviso con i propri stakeholder. Snam svolge un ruolo chiave nell’approvvigionamento energetico e continua a dare un contributo allo sviluppo economico e sociale del Paese, operando come monopolista naturale in un ambito di interesse pubblico.

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Gli asset operativi e il personale di Snam sono distribuiti in gran parte del territorio nazionale.

Gli asset tangibili e intangibili di Snam pongono l’azienda in una posizione privilegiata per sviluppare e argomentare una sostenibilità 2.0 che integri all’approccio “risk mitigation”, necessario per ridurre e controllare i rischi, il concetto di Valore Condiviso, fondamentale per offrire vantaggio competitivo all’impresa e ai territori per i quali opera. Tale approccio accompagnerà il cambiamento che l’impresa conoscerà nei prossimi anni con una nuova riflessione sul contributo di Snam allo sviluppo sostenibile, alla competitività del Paese e allo sviluppo delle comunità e dei territori nelle quali è presente ed opera.

SOSTENIBILITÀ 2.0

Sostenibilità 2.0 (organigramma)

Sostenibilità per il vantaggio competitivo

Snam è in grado di creare occasioni di sviluppo per sè e per gli stakeholder con cui interloquisce, permettendo di aumentare la competitività e la velocità dei processi di innovazione. Sostenibilità come modello di comportamento responsabile dell’impresa nei confronti degli stakeholder finalizzato al mantenimento della “licence-to-operate” e alla protezione del capitale reputazionale. Sostenibilità come modello di sviluppo basato sulla leadership dell’impresa nell’interazione con il contesto sociale di riferimento, finalizzata alla creazione di opportunità il cui in valore creato è condiviso. Sostenibilità come fattore chiave per acquisire un vantaggio competitivo attraverso l’espressione di una leadership, anche culturale, sui temi chiave e una forte spinta sull’innovazione.

Tre domande chiave

A partire dallo spunto di riflessione contenuto nelledizione 2010 del Bilancio di Sostenibilità, l’azienda avviava una prima bozza di ragionamento sul tema del Valore Condiviso, ponendosi tre domande chiave al fine di comprendere il grado di radicamento della strategia di sostenibilità. La prima: le politiche di sostenibilità informano tutte le attività della catena del valore dell’impresa, cominciando da quelle più critiche in considerazione della specifica natura del business? La seconda: l’attenzione alla sostenibilità è vissuta solo in chiave difensiva - nel senso di “protezione del valore”, per limitare i rischi operativi e reputazionali - o diventa fonte di “creazione del valore”, in quanto driver di innovazione? Infine, la terza domanda: l’impresa contribuisce, mediante l’auto-regolamentazione e partecipando alla definizione delle regole operata dal legislatore e dalle autorità pubbliche, a disegnare una governance di sistema in grado di assicurare equità ed efficienza a livello generale? Essere attori di una vera crescita sostenibile implica poter rispondere affermativamente a questi tre interrogativi.

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“Creating Shared Value”, di Michael E. Porter e Mark R. Kramer

L’approccio Shared Value, elaborato da Michael Porter professore alla Harvard Business School dove dirige lInstitute for Strategy and Competitiveness, in collaborazione con Mark Kramer, senior fellow della CSR Initiative presso la Harvard’s John F. Kennedy School of Government di Cambridge, nel Massachusetts, esplora il legame tra sistema economico e società. Il concetto, pubblicato per la prima volta dall’Harvard Business Review nel gennaio 2011, si fonda sul presupposto che, alla luce delle crisi economico finanziarie dell’ultimo periodo storico, il capitalismo sia sotto assedio e che pertanto sia necessario identificare un nuovo modello in grado di reinventarlo.

Il punto di partenza è che nessun’azienda è unentità a sé stante. Il successo di tutte le imprese è influenzato dai servizi di supporto e dalle infrastrutture che le circondano; la produttività e l’innovazione vengono fortemente influenzate dall’infrastruttura logistica di un determinato territorio. Lo sviluppo di un’impresa dipende dunque dalla (qualità e quantità della) domanda domestica. Gli attori che operano sul territorio possono creare condizioni di contesto favorevoli allo sviluppo del business. Di contro, un contesto sociale e territoriale in salute dipende dalla presenza di imprese che sono in grado di dare lavoro, offrire salari e stipendi adeguati, acquistare beni e servizi di qualità, pagare le tasse, proteggere l’ambiente, utilizzare le risorse in modo efficiente, etc.

Le aziende, afferma Porter, devono attivarsi per riconciliare business e società e la strada da percorrere è quella di “creare Valore Condiviso”, ovvero creare valore economico in modalità tali da generare contemporaneamente valore per l’azienda ma anche per la società, rispondendo a un tempo alle necessità dell’azienda e alle esigenze di tipo sociale. Un nuovo punto di vista che concerne la valorizzazione del know how dell’impresa e la riconfigurazione delle relazioni lungo la catena del valore.

Le aziende possono creare valore condiviso in tre modi distinti, scrive Mark Kramer: concependo in modo nuovo prodotti e mercati, ridefinendo la produttività nella catena del valore, e creando distretti industriali di supporto alla competitività della società.

Il concetto di valore condiviso integra, in un certo senso, l’idea di responsabilità sociale applicata sino ad oggi: serve un approccio innovativo alla sostenibilità che veda la crescita sociale come un obiettivo centrale e non ancillare, scrivono gli autori. ”I programmi di CSR si focalizzano principalmente sulla reputazione e hanno solo un collegamento limitato con il business, il che rende difficile giustificarli e mantenerli nel lungo termine. Per contro, la Creazione di Valore Condiviso (CSV) è funzionale alla profittabilità e alla posizione competitiva dellazienda. Sfrutta le risorse specifiche e lexpertise specifico dellazienda per creare valore economico attraverso la creazione di valore sociale”.

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